Il mese che rimarrà nella storia del Vallo di Diano: l’arrivo dell’esercito, i mancati interventi sanitari, il territorio disunito e le ordinanze “antisolidali”


Il 15 marzo, una domenica di paura e sconforto. Di ansia e terrore per il Vallo di Diano. Il 15 marzo 2020 rimarrà una data storica per il Vallo di Diano, così come il mese successivo. L’inizio della zona rossa, la quarantena forzata per quattro comuni, Caggiano, Polla, Atena Lucana e Sala Consilina. A questi poi si aggiungerà anche Auletta. Una data storica, un mese emblematico per il Vallo di Diano, per quello che è e quello che è stato. Il 14 aprile, è stato tolto il marchio di “zona rossa per Coronavirus”, che doveva essere – e lo è stato – un modo per tutelare l’area, ma è stato con il passare del tempo e con alcuni comportamenti anche un marchio da appestati. Una pagina storica che dovrà essere raccontata poi a freddo, quando l’emergenza sarà terminata e quando si potrà guardare con distacco a un periodo drammatico per il Vallo di Diano. Ma non bisognerà dimenticare le sensazioni a caldo, le ferite ancora sanguinanti, le emozioni contrastanti di questo mese sembrato eterno. Per arrivare al fatidico 15 marzo bisogna però fare un salto in dietro di due settimane quando dal nord Italia già echeggiava il pericolo Coronavirus e quando – il 26 febbraio – i sindaci del Vallo di Diano (in quello che pare – a oggi – l’unico confronto condiviso sull’emergenza) hanno pubblicato un documento per vietare eventi pubblici e assembramenti in luoghi chiusi se patrocinati dal Comune. Un inizio di prevenzione, di precauzione, per fronteggiare l’eventuale diffusione del Coronavirus. E se non c’era la legge si chiedeva di usare il buon senso. E forse questo è mancato nell’organizzare i raduni neocatecumenali di 28, 29 febbraio e primo marzo, in una struttura alberghiera ad Atena Lucane e ancora di più nella catechesi organizzata nella sagrestia di San Rocco, a Sala Consilina (dopo il no da parte del parroco di Trinità), per i neocatecumenali. Di questo qualcuno dovrà pur rispondere, un giorno. E’ il primo grande focolaio con una deflagrazione che ancora oggi porta le conseguenze e contagiati fino al “quarto livello” di contatto. La prima fase del contagio è stata questa, con la decisione del governatore Vincenzo de Luca di sigillare l’area. E il 15 marzo è arrivata, in serata, la decisione, l’ordinanza di chiusura. Il giorno dopo, un momento tragicamente storico, l’arrivo dei militari dell’esercito italiano. Le mimetiche sono arrivate allo svincolo di Polla e si sono impossessate del controllo degli svincoli e delle strade interne insieme alle altre forza di polizia. Diventa un territorio militarizzato, giustamente, perché le persone continuavano a circolare troppo nonostante la quarantene e il pericolo già presente nell’area. Peccato che alla “Fase 1” della zona rossa non sia seguita la “Fase 2”: uno screening sanitario del territorio con mezzi e uomini. I sindaci hanno chiesto a più voce tamponi, ambulanze, personale, dispositivi di protezione “degni” di una zona rossa con circa 100 contagiati. Ma poco, pochissimo, è stato fatto. Tamponi rari, l’ambulanza abilitata che ogni mattina è partita da Nocera per coprire tutta la zona sud della provincia di Salerno, pochi supporti di personale per il “Curto” e per la sanità territoriale. Per fortuna e per caparbietà si è riusciti a creare un’area Covid nell’ospedale ma sullo sfondo uno stucchevole balletto politico sulle sorti dell’ex ospedale di Sant’Arsenio per fronteggiare l’emergenza. L’ospedale è ovviamente semi abbandonato come un mese fa. Un mese di paura, di morte, con 15 persone che hanno perso la vita, le lacrime ancora scendono per il comandante dei vigili del fuoco Luigi Morello. In questo mese poi ci sono emozioni e reazioni contrastanti, viene alla luce la grande solidarietà di un territorio intero, con raccolte fondi di privati e associazioni e con le donazioni che “piovono” sull’ospedale, con un grande lavoro del volontariato valdianese e con l’opera coraggiosa di medici, infermieri e di tutti coloro che devono continuare a lavorare. Dall’altra però sono usciti anche atteggiamenti poco solidali. Indimenticabili in questo mese tragicamente storico del Vallo di Diano, le ordinanze di Piaggine e Diamante per “vietare” l’arrivo della merce dalla zona rossa ma a qualcuno sono sembrate stonate anche le ordinanze dei sindaci di Buonabitacolo e Monte San Giacomo per vietare di andare a lavorare nella zona rossa ai cittadini dei propri paesi. Gli eventuali giudizi qui andranno fatti a freddo. Oggi è finito un mese drammaticamente storico per il Vallo di Diano. I militari stanno per andare via, i tamponi continueranno a essere concessi dall’Asl Salerno con il contagocce al territorio e i sindaci del comprensorio continueranno a lavorare per orti singoli prima di pensare al “grande terreno” valdianese. Un mese di storia emblema del Vallo di Diano, per come era, per come è e per come purtroppo potrà essere anche a fine emergenza.-italia2tv-

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