Padula, sale chiuse senza vigilanti ecco i tesori negati della Certosa

Padula. Nella cappella del tesoro, dove una volta venivano custoditi ori, argenti e avori, ci sono solo due estintori, barriere improvvisate per impedire l’accesso ai turisti. L’armadio che conteneva i ricchi arredi della Certosa di San Lorenzo è desolatamente vuoto e anche gli affreschi che caratterizzavano la sontuosa decorazione settecentesca sono andati perduti. Storia vecchia, potere dell’incuria e dell’umidità. Gli estintori no, questa è storia recente, fatta di carenza di soldi e di personale. La cappella del tesoro della più grande certosa d’Italia è chiusa perché mancano gli operatori di vigilanza che dovrebbero garantirne la sicurezza. Così come la sala del capitolo, quella dove i padri rendevano pubbliche confessioni. Le quattro statue recentemente attribuite a Domenico Lemnico e la tela sopra l’altare che raffigura San Bruno e San Lorenzo ai piedi della Vergine col Bambino sono visibili solo da lontano, dalla sala della campane, al di là della cordicella che vieta l’accesso a turisti e visitatori. Poco più in là c’è il refettorio, la massima espressione della vita cenobitica, la sala dove i padri consumavano i pasti comuni nei giorni festivi e in quelli di Quaresima in assoluto silenzio. Tutto off limits, dalle «Nozze di Cana» dipinte a olio su muro da Giuseppe D’Elia nel 1749 ai sessanta stalli in legno con gli schienali riquadrati. Sono tanti - troppi! - i tesori negati della Certosa di San Lorenzo, patrimonio dell’Umanità dal 1998, e del resto ci sarà pure un motivo se in sette anni il numero di visitatori s’è più che dimezzato, da quasi duecentomila a molto meno di centomila all’anno. Di tutte le celle che ospitavano i padri certosini n’è aperta soltanto una, la numero quattro. Soprattutto, è chiuso al pubblico il chiostro grande, il cuore verde del complesso di Padula, uno dei più estesi d’Europa con i suoi 15mila metri quadrati di superficie. «Mancano gli operatori di vigilanza», dicono quei pochi presenti, tesserino bene in vista sul petto. E allora bisogna accontentarsi di passeggiare sotto i portici alla ricerca dell’unica cella aperta e di ammirare da lontano (da molto lontano) la fontana monolitica del 1641. Roba da premunirsi con il binocolo. Restano le aree verdi esterne, sconfinate ma spesso mal curate, perché il degrado (purtroppo) non abita soltanto a Pompei. Se poi a qualche turista venisse in mente di chiedere informazioni all’ufficio informazioni, meglio sbrigarsi. Perché la certosa sarà pure aperta no stop dalle 9 alle 19.30, ma tutti gli uffici chiudono a pranzo per un paio d’ore. Tutti, l’infopoint per i turisti e le botteghe piene di souvenir, videocassette comprese (!), all’insegna del vintage. Fa eccezione solo il bar, almeno quello, ma vale la pena di ridimensionare le aspettative. fonte -ilmattino.it

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